Il ruolo educativo della musica: esperienze nella scuola Waldorf
(Dalla prima all'ottava classe)
Una delle peculiarità che da sempre contraddistingue la scuola Waldorf, da altri indirizzi pedagogici, è quella di considerare come fondamentale la conoscenza delle caratteristiche dello sviluppo evolutivo di bambini e ragazzi. Lontani dal ricorrere a pianificazioni didattiche dai contenuti rigidamente prefissati, si procede quindi orientandosi all’interno di una cosiddetta mappa climatica o Klimaplan, come ci suggerisce Stephan Ronner, insegnante e didatta che da molti anni si occupa di pedagogia musicale Waldorf. Siamo quindi a contatto con vere e proprie zone di sviluppo, che somigliano in pratica a vere e proprie zone climatiche, le quali rappresentano, attraverso la loro dimensione sfumata, i passaggi di sviluppo vissuti dai bambini e dai ragazzi.
Pertanto il piano di studi può intendersi in effetti come piano dello sviluppo interiore, che partendo dal bambino passa attraverso l’età giovanile, fino a raggiungere la piena maturità dell’uomo: “ tutto ciò deve svilupparsi, trasformandosi in un incontro, in un compenetrarsi, da parte del singolo, con le proprie qualità musicali […] è necessario che la musica accompagni progressivamente la maturazione in senso biografico dell’individuo”.( S. Ronner)
Nella scuola Waldorf i bambini vengono inseriti in una comunità, in una classe, in base al proprio anno di nascita.
Nei primi tre anni di scuola la musica deve come “ispirarsi” al bambino in divenire e quindi ciò che lo forma ed al tempo stesso aderisce alla sua natura è l’utilizzo di melodie “fluide” che “respirano”. Anche la dimensione ritmica ha a che fare con una qualità “fluida” e cioè con una forza che, scorrendo continuamente è presente in tutto ciò che è vivo e che porta alla vita. E’ importante che le cosiddette forze musicali elementari che ogni bambino possiede possano emergere attraverso la musica: è una musicalità molto elementare, forse primitiva, apparentemente un po’ caotica, “… una musicalità che ha in se già una volontà di formare, di prendere e darsi una forma […]”. Il canto, introdotto per imitazione dall’insegnante, è lo strumento principe di questo approccio pedagogico, una modalità di canto corale, monodico, che utilizzerà melodie costruite su una particolare scala pentatonica: quella anemitonica di Re. Sempre seguendo lo stesso principio, dopo pochi mesi dell’avvio dell’attività del canto corale, si introdurrà poi l’utilizzo di un semplice strumento musicale – il flauto pentatonico – con il quale i bambini sperimenteranno cosa significa produrre suoni ricorrendo uno strumento melodico. Altri strumenti elementari poi verranno utilizzati durante le lezioni di musica, e non solo in quelle di musica: parliamo infatti di campanellini, triangoli, gong, piccoli legnetti, xilofoni, ecc. Sarebbe opportuno – per far sperimentare la dimensione sonora e tattile di una corda pizzicata – utilizzare anche una lira per bambini, costruita ovviamente sempre sulla scala pentatonica.
Non dimentichiamo che i bambini vivono le cose in un modo immediato e completamente diverso dagli adulti. In essi, fino agli otto-nove anni, è presente un forte legame con l’elemento melodico: questo può essere definito come una monodia vissuta intensamente. La melodia comunque si accompagna anche ad altro: infatti essa include ancora tutta una serie di qualità unite fra loro; gesto, immagine e testo musicale, costruzione ritmica e formale. Possiamo quindi in questo caso parlare di un vero e proprio primato del Melos.
“ Così, nei primi tre anni di scuola si prepara il terreno all’emergere di una prima musicalità, che si esprime innanzitutto nell’essere attivi, nell’agire, partendo da elementi immaginativi, con atmosfere adeguate, e sviluppando percorsi dinamici, in modo che il passo dalla tradizione orale alla cultura scritta trovi già un primo fondamento”. ( Ronner)
Il genere di musica frutto della tradizione musicale occidentale invece entra nel repertorio che dalla quarta classe prosegue fino alla sesta. Entriamo in una seconda zona climatica, che sempre Ronner definisce come oscillante-pulsante, un ritmo quindi che acquista gradualmente attraverso il metro, dei contorni precisi. Lentamente, attraverso il canto, ci si muove all’interno di semplici forme musicali: si parte dal canone, fino a toccare esempi tratti delle pagine polifoniche più celebri, scoprendo così anche la notazione musicale e tutte le sue leggi principali.
Dopo aver sperimentato alcuni esempi di melodie modali si passa ora al “ mondo del minore e del maggiore” e questo ovviamente porta alla consapevolezza della tonica, la cosiddetta nota di base. L’insegnante fa ascoltare musica strumentale di celebri autori come Bach, Mozart, Schubert, Grieg, Bartòk e altri, ricorrendo all’esecuzione pianistica, in modo da destare meraviglia o invitando a suonare uno o più strumenti ad altri musicisti o allievi più preparati. Questo è anche il momento nel quale entrano nell’orchestra di classe anche altri strumenti ( che affiancheranno i flauti dolci), come il violino, il violoncello, la chitarra, l’arpa, l’oboe ed il clarinetto, ed infine, ma non per ultimo l’immancabile pianoforte.
Alla pratica strumentale e a quella corale sarebbe bene affiancare spesso anche quella dell’ascolto di celebri brani musicali. Ci preme qui ricordare che all’attività dell’ascolto sarebbe utile far seguire, ad ogni allievo, anche per iscritto, le proprie impressioni, oppure – utilizzando gli acquarelli – poter ricorrere all’espressività pittorica. Con ciò si vuole stimolare, attraverso l’insegnamento della musica - come sottolinea sempre Ronner - “una maggiore flessibilità nell’apprendimento, un’attenzione molto precisa, nella comprensione della stessa, cogliendo le più diverse impressioni e riflessioni fino ad innescare sofisticati processi di analisi”.
Un nuovo percorso interiore a questo punto entra prepotentemente in scena: entriamo nella terza zona climatica. Dalla sesta all’ottava classe i temi di fondo ricorrenti sono quelli legati alla ricerca interiore del giovane, ai suoi cambiamenti, ai suoi nuovi orientamenti. “ E’ in questo momento che gli studenti si accorgono maggiormente della presenza di una tensione all’interno della musica stessa, cioè sono più aperti a scoprire i contrasti e il lato espressivo di quest’arte, sentendo la vicinanza emotiva di questa disciplina al proprio percorso evolutivo. La struttura della battuta fa emergere qualcosa che potrebbe far pensare ad una sorta di legame con la gravità: si collega pertanto gradualmente il flusso musicale alla forza di gravità. Mentre prima ci trovavamo al centro dell’infanzia ( movimento fluttuante) ora siamo testimoni del suo esaurirsi; il centro si sposta sempre più verso la soggettività, in quanto il mondo viene percepito attraverso una visione del tutto soggettiva”; il movimento diviene ora misurato.
Attraverso la musica ci si spinge fino a continenti e culture lontani. Le forme musicali più utilizzate sono quelle della Chansons francese, le Canzoni italiane, i Songs o le Ballate. Tutto ciò che è noioso e vuoto viene criticato senza pietà. Invece è utile ricorrere a tutto ciò che è comune, ciò che risuona nei giovani e che trova un eco in loro. Nel periodo drammatico tra infanzia ed adolescenza si vivono sentimenti forti: paure, gioie, uno sbocciare di colori, oppure atmosfere di cupo pessimismo. Si vive nella dimensione della polarità. In questa zona climatica quindi incontriamo il fenomeno della melodia accompagnata e quindi dell’armonia: si afferma l’importanza centrale del fenomeno dell’accordo.
Giunti al termine di queste riflessioni volevo riportare un’ ultima citazione tratta dal testo, sempre di Stephan Ronner, Perché insegnare musica? Edizioni Clast, 2005, dove si descrive, in modo sintetico, ciò che bambini e ragazzi imparano durante una lezione di musica.
Vediamo quindi quali sono nell’insegnamento della musica le principali qualità necessarie che vengono sviluppate per affrontare le sfide della vita di oggi e di domani:
- Suonando insieme nasce il senso del rapporto tra il tu e l’io, tra lui e lei, cioè tra noi; maturiamo come gruppo che fa musica, oltre ad imparare a lavorare in gruppo;
- Nel canto a più voci, nell’improvvisazione e nel sovrapporsi di ritmi che scorrono non sempre paralleli, oltre che nei cambiamenti di armonia, in questo intreccio musicale dinamico s’impara la flessibilità.
- Nei processi creativi si cerca di stimolare, di esercitare e di promuovere la creatività, ciò che deve determinare tutto il lavoro musicale;
- Capacità innovative: l’imparare a comporre, ad esempio, implica lo svolgere un’attività approfondita, che mette in gioco varie abilità, che ha anche un aspetto di improvvisazione e pone le basi per ciò che verrà in futuro;
- La sucurezza di se stessi: va curata fin dall’inizio, per esempio la capacità autonoma di cantare in un gruppo, grande o piccolo, e persino in veste di solista, la possibilità di risvegliare negli altri un entusiasmo autentico;
- Nel campo delle improvvisazioni elementari si esercitano anche capacità comunicative non verbali. Per molte persone questo livello rappresenta un confronto primario ma molto radicale con il fenomeno dell’ascolto vero, dove il nucleo di ogni conversazione rappresenta innanzi tutto la capacità di dedizione e nello stesso tempo una presenza vigile;
- Non ultima, la capacità di integrazione che viene messa in pratica quotidianamente, cioè quell’agire insieme in cui le diversissime capacità di ogni studente vengono sperimentate in modo costruttivo; se ciò non avviene, il proprio processo musicale non può avviarsi;
- Gli studenti devono quindi imparare a compensare i deficit, propri e altrui, nonché a trovare un equilibrio fra i propri punti deboli e quelli forti.
Il “fare musica” nella scuola Waldorf quindi è un momento fondamentale dell’agire pedagogico, un elemento essenziale di una Bildung, di una Formazione caratterizzata da una forte dimensione relazionale intersoggettiva ed espressiva.
In questa fondamentale attività artistica sono quindi presenti i semi delle azioni future dell’individuo. Vedremo così che è proprio di quest’arte assumere la dimensione della speranza che , come diceva il filosofo tedesco Ernst Bloch, ci conduce ad intraprendere un pellegrinaggio nelle profondità del Sé e del Noi. Ed è proprio attraverso l’ascolto musicale che si aprono spazi per l’ascolto interiore, divenendo quindi possibile percepire e scoprire se stessi nell’appartenenza ad una comunità. Infatti l’instaurarsi di una vera e propria comunione diventa possibile proprio grazie all’appartenenza a questa specifica comunità.
Vincenzo Vacante